L’ANALFABETISMO FUNZIONALE IN ITALIA

L’ANALFABETISMO FUNZIONALE IN ITALIA

Il 10 dicembre 2024, in occasione della Giornata per i Diritti Umani, l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha pubblicato i dati di trentuno paesi del mondo sulle competenze degli adulti, tra i 16 e i 65 anni.
I risultati hanno messo in luce che oltre un terzo degli adulti italiani presenta analfabetismo funzionale e quasi la metà ha grandi difficoltà di problem solving (cioè la capacità di analisi e risoluzione di un problema).

Che cos’è l’analfabetismo funzionale?
Possiamo distinguere tre tipi di analfabetismo:

  • Analfabetismo primario strumentale, quando le competenze di lettura, scrittura e quelle numeriche non sono mai state raggiunte
  • Analfabetismo di ritorno, dove la persona ha imparato a leggere, scrivere e far di conto, ma una mancanza di pratica ha portato tali abilità a diminuire fino a sparire
  • Analfabetismo funzionale, definito dall’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) come “la condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”

Secondo quanto emerso dai dati OCSE, quindi, più di un terzo degli adulti italiani non è in grado di capire un testo scritto, di trarre conclusioni personali su quanto letto e di usare i dati per migliorare la propria vita.

Vediamo come si colloca l’Italia in confronto agli altri paesi per quanto riguarda le abilità nella lettura e nella scrittura, con i numeri e con il problem solving:

Nelle prove dedicate alla comprensione del testo, il 35% degli adulti italiani ha ottenuto un punteggio pari o inferiore al Livello 1.
Questo vuol dire che circa un terzo della nostra popolazione può, nel migliore dei casi (25%), “comprendere testi brevi ed elenchi organizzati quando le informazioni sono chiaramente indicate, trovare informazioni specifiche e identificare collegamenti pertinenti”, oppure (10%) “al massimo comprendere frasi brevi e semplici”.
Solo il 5% ha raggiunto i livelli più alti di alfabetizzazione.

Anche per quanto riguarda la matematica, il 35% degli italiani ha raggiunto risultati preoccupanti. Di questi, infatti, il 17% può “fare matematica di base con numeri interi o denaro, comprendere decimali e trovare singole informazioni in tabelle e grafici, ma avere difficoltà con compiti che richiedono più passaggi” e il 9% arriva giusto a sommare e sottrarre numeri piccoli.
I livelli più alti sono raggiunti dal 6% degli italiani adulti.

Il tutto crolla ulteriormente per quanto riguarda il problem solving: il 46% ha raggiunto un livello di competenza pari o inferiore al Livello 1, che va dal “risolvere problemi semplici con poche variabili e poche informazioni irrilevanti, che non cambiano man mano che si procede verso la soluzione. Difficoltà con problemi multi-step o quelli che necessitano di monitoraggio di più variabili” (36%) a comprendere al massimo problemi molto facili, di solito risolti con un solo passaggio (10%).
Qui i livelli migliori sono stati raggiunti solo dall’1% degli italiani.

Confrontando questi dati (anni 2022-2023) con quelli passati (anni 2011-2012) scopriamo che la quantità degli adulti con risultati bassi è aumentata, mentre è rimasta uguale quella delle persone abili.

Tali competenze sono fondamentali per riuscire a partecipare con successo allo sviluppo della società. Quando queste sono scarse, la persona può facilmente sentirsi esclusa da ciò che la circonda.
Non essere in grado di comprendere un testo vuol dire non riuscire ad avere idee e opinioni personali su ciò che sta accadendo nel mondo. Questo significa essere in balia degli eventi e accettare le situazioni che la società presenta senza neanche capire come ci si è arrivati.

Se i dati dicono che circa un terzo degli adulti italiani è analfabeta funzionale (cioè 1 su 3), questo ci fa intendere che molti posti di lavoro sono occupati da questa categoria di persone.
Nel rapporto dell’OCSE viene specificato che livelli di istruzione più elevati non sempre equivalgono a competenze e conoscenze migliori. Ciò vuol dire che potremmo avere analfabeti funzionali tra gli impiegati dei vari uffici, nell’arma, in politica, nella legge, negli ospedali o anche tranquillamente dietro le cattedre dei licei e delle università.

Si possono infatti raggiungere risultati accademici per poi scoprire di non essere mai stati in grado di studiare veramente.

Il Manuale Fondamentale di Studio, di L.Ron Hubbard, inizia così il suo primo capitolo:

Noah Webster, nel suo dizionario del 1828, disse che “studiare” significa “applicare la propria mente a qualcosa; leggere ed esaminare allo scopo di imparare e comprendere”.

Alla base dell’analfabetismo funzionale c’è la non completa comprensione delle parole. Questo rende impossibile attuare il concetto stesso di studio.

Per quanto possano essere drammatiche le conseguenze di una situazione così diffusa, la soluzione è semplice e reale. L’uso della Tecnologia di Studio di Applied Scholastics può infatti risolvere il problema e attualmente rappresenta l’unica speranza per migliorare la condizione degli italiani.

Dott.ssa Laura Leonardi

Fonti:

https://www.oecd.org
https://www.tuttoscuola.com
https://federicocaccin.com

L.Ron Hubbard, Manuale Fondamentale di Studio (NEW ERA Publications International ApS)

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